https://www.youtube.com/watch?v=HEUlaLp1wKo
Vito Teti
della case della Piazza. Non c'era un passante. Tutto vuoto. Tutto silenzio. Vide quei balconi, quelle logge, quelle finestre piene di gente come durante le feste ed i comizi. Ricordò tutti i volti di quelli che erano vissuti in quelle case, con i balconi pieni di graste di fiori e di prezzemolo.
Un
giorno, Rico, per la festa del santo patrono, vide che la banda suonava da
sola. I pochi abitanti del paese, a mezzogiorno, erano tornati tutti a casa. Si
appoggiò al muro della chiesa madre, fece un sorriso a tutti quelli che non
c'erano più, attese la fine della marcia musicale ed applaudì a lungo, da solo.
I musicanti, c'erano tante ragazze e alcuni ragazzi, si tolsero il berretto
della divisa e gli fecero una specie d'inchino.
Sarà
stata una nemesi.
Forse,
il destino.
Sarà
stato un Carnevale bene organizzato dalla vita.
Il
vissuto del vuoto è più terribile dei dati statistici e demografici.
Tutti
avevano una ricetta per fare rivivere il paese, ma nessuno sapeva cosa davvero
si potesse fare. Le analisi più pessimiste ed apocalittiche, si concludevano con
un rituale richiamo alla speranza, che, da troppo anni tardava a farsi viva.
Passò
un ragazzo che conosceva. Aveva un fuoristrada buono per le campagne e per i
funghi. Ve ne venite? gli disse.
Rico
voleva domandare al figlio di uno dei suoi migliori amici perché gli dava del
voi, dove erano andati gli altri, perché girava da solo.
Si
limitò a dirgli: grazie, vengo con te fino a casa.
Rico
chiuse lo sportello e chiese al ragazzo come stavano i suoi e, poi, cosa
potremmo fare per questo paese? Il ragazzo strinse le spalle e disse: non lo
so, tra quindici giorni me ne vado a Milano.
La
ruga era vuota, ai gradini della Croce non c'era nessuno, faceva il caldo di
agosto di tanti anni fa, aprì la porta, si sentiva impazzire.
Solo.
La moglie a scuola, il figlio a Parigi, la figlia a Firenze.
Prese
il computer e per non pensare, per non morire, si mise a scrivere come voleva
la tastiera. La foto di un Carnevale del 1982 lo guardava beffarda e scherzosa.
Non resta nulla gli diceva di quelle maschere, di quei cortei, delle mangiate,
degli amori, non resta nulla e non puoi nemmeno raccontarlo e non sai nemmeno
scriverlo. Troppo difficile. Troppo complicato. Troppe rotture.
Accese
il televisore, Sky mostrava gli orrori e le distruzioni della guerra. Rico si
disse che, forse, il suo dolore era soltanto una infinitesimale parte del
dolore del mondo. Continuava a non capire, a piangere, guardò la foto di sua
madre e di suo padre, si affacciò al balcone. Anche le nuvole viaggiavano senza
meta.
Sarà
stata una nemesi.
Forse,
il destino.
Sarà
stato un Carnevale bene organizzato dalla vita.
Ph. Salvatore Piermarini, S.
Nicola da Crissa, Carnevale 1982.
Marcello per me è come Salvatore per Vito: un quatuor, una quattreccia
RispondiEliminaVito Teti eteronimo di Salvatore Piermarini come Massimo Celani eteronimo di Marcello Walter Bruno
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